Valutazione di Health Technology Assessment (HTA) di Rucaparib (RUBRACA) per il trattamento delle pazienti con carcinoma ovarico

Anno: 2020 - Vol: 9 - Num. 1

Americo Cicchetti, Eugenio Di Brino, Michele Basile, Filippo Rumi, Pierluigi Navarra, Vanda Salutari, Dario Sacchini, Pietro Refolo, Antonio Gioacchino Spagnolo Esperti: Pierluigi Canonico, Filippo Drago, Lorella Lombardozzi, Domenica Lorusso, Francesco Perrone, Giovanni Scambia

Elementi chiave per il decisore

Al fine di supportare il decisore nell’allocazione delle risorse, si ritiene utile sintetizzare in questo breve Capitolo gli elementi principali emersi da questo rapporto di Health Technology Assessment (HTA).

PATOLOGIA

In Italia, secondo i dati AIRTUM/AIOM del 2018 [1,2], il cancro ovarico rappresenta circa il 30% di tutti i tumori maligni dell’apparato genitale femminile. Si caratterizza per una sopravvivenza che è del 39% a 5 anni e scende al 31% a 10 anni. Nel 2018 erano attesi 5200 nuovi casi. Nel 2015 le donne decedute per tumore dell’ovaio in Italia sono state 3.186.

TRATTAMENTO

Il trattamento standard per il tumore ovarico prevede una chirurgia primaria effettuata secondo tempi ben scanditi dalle linee guida redatte dal Gynaecologic Group dell’EORTC [3]. Ciò permette una corretta stadiazione del tumore secondo il sistema classificativo standard dei tumori epiteliali ovarici che fa capo alla Fédération Internationale de Gynécologie et d’Obstétrique (FIGO) [4].

Il trattamento delle forme di carcinoma ovarico precoce (FIGO I – IIa) è prettamente chirurgico, ma in considerazione del rischio di recidiva del 25-30%, in molti casi il trattamento chemioterapico adiuvante è raccomandato, In relazione a determinate categorie di rischio definite sulla base dell’identificazione di fattori prognostici indipendenti (grado di differenziazione, stadio Figo, sottostadio, età, sottotipo istologico e presenza di ascite).

La chirurgia permette inoltre la valutazione dell’estensione della neoplasia.

Ad oggi, il trattamento di combinazione di carboplatino AUC5 e paclitaxel è lo schema di riferimento nel trattamento adiuvante o di prima linea del carcinoma ovarico. Tuttavia, nonostante l’efficacia iniziale, il 70-80% delle pazienti con neoplasia in stadio avanzato sviluppa una recidiva di malattia entro i primi 2 anni e necessita di una successiva linea di trattamento.

Negli ultimi 20 anni nessun regime chemioterapico ha realmente dimostrato di essere superiore allo schema standard carboplatino/paclitaxel. Quanto all’utilizzo di agenti biologici a bersaglio molecolare, la prima classe di farmaci ad ottenere risultati incoraggianti in questa patologia è quella degli antiangiogenetici.

Attuali terapie farmacologiche in Italia dopo la chemioterapia

La scelta del trattamento alla recidiva si basa su diversi fattori: (i) il tempo trascorso dall’ultima somministrazione di chemioterapia a base di platino, (ii) la terapia ricevuta in prima linea e (iii) lo stato mutazionale del BRCA [5].

Il trattamento della recidiva con terapia con PARP-inibitori ha mostrato una risposta obiettiva sia nelle pazienti con malattia platino sensibile che platino resistente, tuttavia il tasso di risposta si è mostrato superiore nelle pazienti con recidiva platino sensibile [6,7,8].

La terapia di mantenimento in seguito a risposta a un trattamento standard offre una considerevole opportunità per prolungare il tempo libero da malattia. Nel trattamento del carcinoma ovarico sono state sperimentate diverse strategie di terapie di mantenimento come agenti chemioterapici, antiangiogenetici, terapia ormonale, vaccini, chemioterapia intraperitoneale.

Al momento sono disponibili due specialità medicinali nella classe dei PARP-inibitori: olaparib e niraparib.

Lo studio con rucaparib ARIEL3 [9] è stato il primo a valutare la PFS in una popolazione ampia e rappresentativa dell’intera popolazione con recidiva platinosensibile di carcinoma ovarico di alto grado, indipendentemente dalla mutazione del BRCA, che ha infatti incluso tre sottogruppi molecolari definiti prospetticamente:

  • popolazione intent-to-treat ITT, ovvero tutte le pazienti trattate nello studio;
  • popolazione BRCAmut, ovvero le pazienti con mutazione deleteria del BRCA 1-2, comprendenti mutazioni geniche e somatiche di BRCA;
  • popolazione HRD +, ovvero le pazienti con alterazione dei meccanismi della riparazione omologa (pazienti BRCA mutate e BRCA wilde type con elevata perdita di eterozigosi LOH-alta).

Inoltre, la selezione delle pazienti non è stata limitata dalle caratteristiche o dimensioni del tumore, poiché potevano essere arruolate anche pazienti con malattia bulky, al di sopra di 2 cm.

Nello studio ARIEL3 rucaparib ha raddoppiato il tempo libero da malattia dopo una seconda linea di chemioterapia rispetto al placebo, a prescindere dallo stato mutazionale BRCA.

Nello studio clinico ARIEL3 rucaparib ha dimostrato un profilo di tollerabilità maneggevole nonostante una popolazione in studio molto simile alla pratica clinica perché rappresentativa dell’intera popolazione con recidiva platino-sensibile di carcinoma ovarico di alto grado, indipendentemente dalla mutazione del BRCA.

NECESSITÀ TERAPEUTICA NON RISOLTA

Rucaparib ha dimostrato efficacia e sicurezza nella terapia di mantenimento, a prescindere dallo stato mutazionale BRCA, in ognuna delle 3 popolazioni stratificate: ITT Intent To Treat, BRCAmut, HRD+ (come dettagliato nella sezione “efficacia e sicurezza”) [9].

Il mantenimento con PARP-i è indicato in diverse linee guida [1,10,11] nelle pazienti con recidiva platino sensibile di carcinoma ovarico in risposta al platino in qualsiasi linea terapeutica e considerando i benefici clinicamente rilevanti dimostrati dallo studio di fase III ARIEL3, rucaparib rappresenta una opzione utile nell’attuale percorso terapeutico.

EFFICACIA E SICUREZZA

L’efficacia e la sicurezza di rucaparib sono state valutate nello studio clinico di fase III ARIEL3 [9].

Il trattamento di mantenimento con rucaparib ha raddoppiato il tempo libero da malattia dopo una seconda linea di chemioterapia rispetto al placebo, a prescindere dallo stato mutazionale BRCA: le pazienti trattate con rucaprib hanno avuto un rischio di progressione della malattia o di morte ridotto del 63,5% rispetto alle pazienti trattate con placebo.

Rucaparib ha inoltre esteso il tempo libero da malattia oltre 1 anno sia nella popolazione BRCAmut che HRD+:

  • Nella popolazione ITT: guadagno assoluto di 5,4 mesi (10,8 mesi (IC 95%: [8,3-11,4]) rispetto a 5,4 mesi (IC 95% [5,3-5,5])) che indica una riduzione del 63,5% del rischio di progressione della malattia o morte vs placebo (HR 0,365; IC 95%: [0,295; 0,451]; p <0,0001).
  • Nella popolazione BRCAmut: guadagno assoluto di 11,2 mesi (16,6 mesi (IC 95%: [13,4-22,9]) contro 5,4 mesi (IC 95% [3,4; 6,7])) che indica una riduzione del 76,9% del rischio di progressione della malattia o morte vs placebo (HR = 0,231; IC 95%: [0,156; 0,342]; p <0,0001).
  • Nella popolazione HRD: guadagno assoluto di 8,2 mesi (13,6 mesi (IC 95%: [10,9-16,2]) vs. 5,4 mesi (IC 95% [5,1-5,6])) che indica una riduzione del 68,3% del rischio di progressione della malattia o morte vs placebo (HR 0,317; IC 95%: [0,239; 0,420]; p <0,0001).

Inoltre, rucaparib può intensificare le risposte in alcuni pazienti con malattia residua misurabile: circa 1 paziente su 5 ha presentato una risposta confermata e 10 pazienti hanno avuto una conversione da risposta parziale a risposta completa.

Il profilo generale di sicurezza di rucaparib si basa su dati ricavati in studi clinici da 937 pazienti con carcinoma ovarico trattate in monoterapia con rucaparib e nello studio ARIEL3 è stato coerente con i precedenti studi di fase II, risultando ben tollerato e maneggevole.

Reazioni avverse manifestatesi nel ≥ 20% delle pazienti che ricevono rucaparib sono state nausea, affaticamento/astenia, vomito, anemia, dolore addominale, disgeusia, aumento dell’ALT, aumento dell’AST, riduzione dell’appetito, diarrea, trombocitopenia e aumento della creatinina. La maggior parte delle reazioni avverse sono state di grado da lieve a moderato (Grado 1 o 2). Reazioni avverse di grado ≥ 3, manifestatesi in > 5% delle pazienti sono state anemia (23%), aumento dell’ALT (10%), affaticamento/ astenia (10%), neutropenia (8%), trombocitopenia (6%) e nausea (5%). La sola reazione avversa grave, manifestatasi in > 2% delle pazienti, è stata l’anemia (5%). Le reazioni avverse che hanno determinato con maggiore frequenza la riduzione o l’interruzione della dose sono state anemia (20%), affaticamento/ astenia (18%), nausea (16%), trombocitopenia (15%) e aumento dell’AST/ALT (10%). Reazioni avverse che hanno determinato l’interruzione permanente del trattamento si sono manifestate nel 10% delle pazienti, le reazioni avverse che hanno portato all’interruzione permanente con maggiore frequenza sono state trombocitopenia, nausea, anemia e affaticamento/astenia.

ANALISI ECONOMICA ED ORGANIZZATIVA

L’ Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari (ALTEMS) ha prodotto una valutazione economica [12] per la stima dell’introduzione di rucaparib nel setting assistenziale italiano, realizzando una analisi per la quale è stato utilizzato un modello di Budget Impact considerando un orizzonte temporale di 3 anni, sviluppato da Clovis Oncology e adattato da ALTEMS al contesto sanitario italiano. ALTEMS ha fatto inoltre riferimento ad un panel di clinici di comprovata esperienza nell’ambito della gestione di pazienti affette da carcinoma ovarico.

Le assunzioni più rilevanti del modello sono:

  • L’inserimento di rucaparib nel mercato andrà a modificare solo ed esclusivamente il ricorso agli altri PARPinibitori già disponibili e rimborsati (olaparib nella sola popolazione con mutazione BRCA e niraparib a prescindere dalla mutazione BRCA), ridistribuendo quindi le quote di consumo dei tre PARP-inibitori; un setting caratterizzato da una domanda di cura personalizzata e basata sulle particolari caratteristiche cliniche dei pazienti trattati;
  • Il costo per mese di terapia di rucaparib sulla base del prezzo per confezione proposto dall’Azienda è sostanzialmente equivalente al costo per mese di terapia di niraparib;
  • L’orizzonte temporale di analisi viene sviluppato su 3 anni;
  • Il target di pazienti iniziali individuato è pari a 5.200 affetti dalla patologia oggetto dell’analisi.

L’analisi mostra chiaramente come l’introduzione di rucaparib nel setting assistenziale italiano è associato ad un risparmio di risorse in ciascun anno oggetto di analisi. In particolare, tale risparmio è incrementale e raggiunge l’apice al terzo anno di osservazione con uno scostamento rispetto allo scenario che non prevede l’introduzione di rucaparib pari a -€4.452080, per un risparmio complessivo nei tre anni pari a -€ 6.405.578.

La scelta della strategia terapeutica più appropriata per la gestione di un paziente affetto da carcinoma dell’ovaio deve essere condivisa tra gli specialisti che lo hanno in carico in condivisione con il paziente e i suoi caregiver. L’esperienza di un team multidisciplinare che prenda in carico il paziente è sempre più importante ai fini di una corretta e mirata gestione della patologia. Indipendentemente dalla forma di coordinamento inter-organizzativo prescelta per ottenere l’integrazione di competenze professionali, esistono delle esigenze di coordinamento operativo richieste per la giornaliera presa in carico dei pazienti nell’ambito dei singoli centri di assistenza. A tal proposito, infatti, si sono definiti nel corso del tempo i “Tumor board - TB” che nascono come tentativo formale di coinvolgere più specialità, come radiologia, chirurgia, patologia generale, radioterapia oncologica e oncologia medica, nella cura del cancro per rivedere in modo completo casi complessi o pazienti di nuova diagnosi.

L’arrivo sul mercato di un nuovo farmaco come rucaparib va ad arricchire lo spettro di possibilità disponibili, senza complicare il percorso decisionale da parte del clinico e del paziente.

Il beneficio di rucaparib rispetto al placebo è stato confermato dalle analisi di qualità aggiustata (QA-PFS e Q-TWiST) nella popolazione ITT, nonché nel mutante BRCA, LOH + wild-type BRCA, LOH– wild-type BRCA e BRCA gruppi sconosciuti LOH wild-type [13]. Questi risultati supportano una valutazione beneficio-rischio positiva di rucaparib da una prospettiva centrata sul paziente.

Utilizzando metodi che combinano le stime della PFS con esiti incentrati sul paziente, abbiamo dimostrato che il trattamento di mantenimento con rucaparib ha fornito benefici significativi nonostante l’impatto delle tossicità correlate a rucaparib sul benessere dei pazienti e che i pazienti che hanno ricevuto rucaparib hanno avuto periodi più lunghi senza sintomi clinicamente rilevanti.

Il QA-PFS era circa due o tre volte più lungo nel braccio di rucaparib rispetto al braccio placebo per la popolazione ITT e tutti gli altri gruppi di analisi, indipendentemente dallo stato di mutazione BRCA. Ciò ha dimostrato che, se ponderati dalle percezioni dei pazienti sul loro benessere, i benefici della PFS per rucaparib sono rimasti.

ANALISI ETICA

Pertanto, sulla base dei dati disponibili, si può affermare che rucaparib presenta un saldo favorevole tra rischi e benefici. Tuttavia, simile giudizio presenta un elemento critico costituito dall’esiguo numero di dati a disposizione, che rende doverosa una sua rivalutazione nel tempo. Non discostandosi da altre forme di intervento terapeutico, la pratica del consenso informato in riferimento a rucaparib è la medesima di qualsiasi altro intervento, in particolare dei farmaci oncologici. Tuttavia, per il grado di incertezza che ad oggi accompagna l’impiego di questa terapia, va da sé che l’informativa da fornire ai pazienti debba essere particolarmente chiara e dettagliata, e la verifica della sua comprensione da parte dei pazienti ad opera dei medici particolarmente scrupolosa. I risultati complessivi del modello di BIA sviluppato per rucaparib mostrano per il setting assistenziale italiano una riduzione dei costi generali di gestione delle pazienti già dal primo anno pari a -€73.907, ed un aumento più significativo di risorse risparmiate negli anni successivi, per un risparmio al terzo anno di analisi di -€4.452.080 e complessivo nel periodo di analisi pari a -€6.405.578. Questi risparmi sono determinati in maniera significativa dai risparmi di risorse associati ai costi di acquisizione dei farmaci ed ai costi relativi alla gestione degli eventi avversi.

Pertanto, sulla base dei dati disponibili, si può affermare che rucaparib sia in linea con i criteri di un’equa allocazione delle risorse. Tuttavia, simile giudizio presenta un elemento critico costituito anche in questo caso dall’esiguo numero di analisi economiche a disposizione, che rende doverosa una sua rivalutazione nel tempo.