Rivaroxaban per la prevenzione dell’ictus in pazienti con fibrillazione atriale: risultati di una valutazione di HTA

Anno: 2013 - Vol: 2 - Num. 7

Walter Ricciardi, Flavia Kheiraoui, Chiara de Waure, Andrea Poscia, Gianluigi Quaranta, Francesco Di Nardo, Chiara Cadeddu, Roberto Falvo, Stefano Capri, Maria Assunta Veneziano, Silvio Capizzi, Maria Lucia Specchia, Anna Maria Ferriero, Agostino Mancuso, Maria Luisa Di Pietro, Giuseppe La Torre, Raffaele Landolfi

Elementi chiave per i decisori

Ai fini di supportare il decisore nel processo di allocazione delle risorse si riportano di seguito gli elementi principali emersi dal report di valutazione di rivaroxaban nel trattamento dei soggetti affetti da Fibrillazione Atriale (FA) per la prevenzione del rischio trombo-embolico.

Burden of disease: epidemiologia della FA

  • La FA è la più comune aritmia cardiaca a livello mondiale, con un 24-27% degli uomini e un 21-24% delle donne a rischio di svilupparla nel corso della vita. La prevalenza della FA nella popolazione generale è dell’1-2% con valori che arrivano tuttavia al 16-18% negli individui con età superiore o uguale agli 85 anni. Anche l’incidenza, il cui valore medio si attesta su 3 per 1.000 anni-persona, aumenta con l’età.
  • La FA di origine non valvolare (FANV), cui sono destinati rivaroxaban e i farmaci di cui si parla in questo report, rappresenta l’85% delle forme di malattia con un totale di circa 900.000 soggetti in Italia.

Burden of disease: conseguenze della FA

  • La complicazione più temuta e devastante della FA è l’ictus: la FA aumenta, infatti, in maniera significativa il rischio di ictus rispetto alla popolazione generale non affetta da FA. Dei 200.000 casi di ictus che si verificano ogni anno in Italia, 30.000- 36.000 sono attribuibili alla FA.
  • L’ictus associato a FA è caratterizzato da una maggiore gravità, più alta mortalità, maggiore durata di degenza e aumentato rischio di ricorrenza rispetto all’ictus nei pazienti senza FA.

Gestione del paziente con FA: raccomandazioni per la prevenzione dell’ictus

  • La scelta della terapia dovrebbe essere basata sul rischio di ictus che le Linee Guida del 2012 della European Society of Cardiology raccomandano di valutare attraverso l’ausilio dell’indice prognostico per eventi tromboembolici denominato CHA2 DS2 VASc. Questo indice definisce il rischio di eventi trombo-embolici in funzione dell’età, del genere, della presenza di ipertensione, scompenso cardiaco, malattie vascolari, diabete e precedenti eventi trombo-embolici.
  • La terapia antitrombotica è raccomandata in tutti i pazienti affetti da FA, tranne in quelli a basso rischio (pazienti di età inferiore a 65 anni, con FA isolata e CHA2 DS2 VASc = 0) o con controindicazioni. Nei pazienti con CHA2DS2VASc uguale o maggiore di 1 si consigliano gli antagonisti della vitamina K (VKA, cumarinici, i.e. warfarin) o un inibitore diretto della trombina (dabigatran) o del fattore X (i.e. rivaroxaban, apixaban).
  • Come riportato nelle Linee Guida della European Society of Cardiology i nuovi anticoagulanti orali, avendo mostrato di essere almeno non inferiori ai VKA e più sicuri, sono da preferire alla terapia con VKA.
  • L’uso dei farmaci antiaggreganti, che finora hanno rappresentato l’unica alternativa al warfarin, dovrebbe essere limitato ai soli pazienti che rifiutano ogni tipo di terapia anticoagulante orale.

Prevenzione dell’ictus in pazienti con FA con anticoagulanti orali tradizionali

  • I VKA da oltre 50 anni rappresentano il riferimento nella terapia anticoagulante orale per la profilassi cardioembolica nei pazienti con FANV avendo dimostrato un’elevata efficacia.
  • Rispetto al placebo o a nessuna terapia anticoagulante, dosi aggiustate (INR tra 2 e 3) di warfarin riducono significativamente il rischio di ictus del 64%, sia nei pazienti che non hanno già avuto eventi trombo-embolici sia a seguito di un precedente ictus.
  • La somministrazione di warfarin necessita tuttavia di un costante monitoraggio con eventuale aggiustamento del dosaggio; i cumarinici, inoltre, hanno un lento inizio d’azione e un altrettanto lento raggiungimento dei livelli terapeutici, presentano variabilità interindividuale nel metabolismo e numerose interazioni farmacofarmaco e farmaco-cibo. L’intensità dell’anticoagulazione deve essere controllata periodicamente e mantenuta entro un determinato range terapeutico attraverso un attento e costante monitoraggio clinico e laboratoristico la cui frequenza in certi pazienti può anche essere plurisettimanale. Il warfarin, infatti, è un farmaco efficace e sicuro solo se il paziente è ben controllato; in caso contrario i rischi di eventi avversi, come ictus ischemico ed emorragico, aumentano considerevolmente.

Consumo di risorse e costi a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) derivanti da una prevenzione non appropriata dell’ictus in pazienti con FA

  • Il burden della FA è fortemente influenzato dalla gestione cronica dei pazienti, in particolare dal monitoraggio della terapia anticoagulante con VKA e dalle sequele, spesso invalidanti, associate alla malattia, quali l’ictus.
  • In Italia, benché lo standard di riferimento per la gestione della terapia anticoagulante sia costituito dai Centri di Sorveglianza, non più di un quarto dei pazienti sono presi in carico dagli stessi. Le criticità più rilevanti appaiono la scarsa disponibilità di laboratori e Centri e la difficoltà di gestione e di comunicazione fra laboratorio, medico e paziente.
  • A ciò si aggiunga la paura dei medici nei confronti della terapia anticoagulante con cumarinici, ritenuta pericolosa per i pazienti in ragione delle problematiche di aderenza. Tali criticità si manifestano in un’alta percentuale di pazienti, pari a oltre il 50%, che non ricevono una terapia appropriata nonostante la presenza di una chiara indicazione. Si auspica che tali percentuali di pazienti, che si vanno ad aggiungere a quelli che si trovano già in terapia con warfarin ma fuori range terapeutico (un terzo dei casi), vengano sensibilmente ridotte con la disponibilità di terapie più maneggevoli come i nuovi anticoagulanti orali.
  • Questo consentirebbe un importante risparmio di risorse economiche legato alla mancata esigenza del monitoraggio periodico dell’INR e alla riduzione delle emorragie intracraniche e degli ictus. In relazione a quest’ultimo aspetto abbiamo stimato che in Italia, se tutti i pazienti a maggior bisogno medico non soddisfatto (pazienti oggi esclusi dall’anticoagulazione e pazienti in terapia con il warfarin ma non ben controllati) fossero trattati con un farmaco efficace almeno quanto il warfarin, si potrebbero evitare circa 11.000 ictus all’anno.

Prevenzione dell’ictus in pazienti con FA con i nuovi anticoagulanti orali

  • I nuovi anticoagulanti orali, rappresentati dagli inibitori diretti della trombina (dabigatran) e dagli inibitori diretti del fattore X (rivaroxaban e apixaban) si sono dimostrati efficaci nel ridurre gli eventi trombo-embolici almeno quanto la terapia standard (warfarin), con una contestuale e significativa riduzione delle complicanze emorragiche intracraniche, particolarmente temute per i pazienti in terapia anticoagulante.
  • L’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) ha accordato a tutte le molecole un’approvazione non limitata alla popolazione di pazienti arruolati negli studi clinici, avendo riconosciuto un rapporto rischio/beneficio favorevole per tutti coloro affetti da FANV. Coerentemente, nei principali Paesi Europei (Germania, Francia, Spagna, Inghilterra, Svezia) le condizioni di rimborsabilità sono a oggi uguali per le diverse molecole.
  • Non esistono studi diretti che confrontino tra loro le varie molecole in termini di efficacia e sicurezza e non è possibile, a causa delle differenze tra i disegni di studio e tra le popolazioni arruolate nei trial clinici, confrontare “indirettamente” i nuovi farmaci tra loro per stabilire quale sia più efficace. Questa difficoltà di confronto è stata confermata dal NICE.

Rivaroxaban: stato regolatorio

  • Rivaroxaban è stato approvato dall’EMA per la prevenzione dell’ictus e dell’embolia sistemica nei pazienti adulti affetti da FANV con uno o più fattori di rischio.
  • L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha recentemente deciso di rimborsare rivaroxaban nei pazienti con FANV permanente e una delle seguenti condizioni:
    • CHA2 DS2 VASc>3 e rischio emorragico elevato (HAS-BLED>3);
    • in terapia con anticoagulanti con tempo in range terapeutico negli ultimi 6 mesi < 60%;
    • in cui il trattamento anticoagulante non è attuabile per difficoltà oggettive a eseguire i controlli dell’INR.

Rivaroxaban: efficacia e sicurezza

  • Rivaroxaban è un inibitore diretto che agisce in maniera specifica e selettiva sul sito attivo del fattore X, con un ridotto rischio di effetti indesiderati causati da attività farmacologiche aspecifiche e a bassa potenzialità di interazione con i farmaci e il cibo. La sua attività inibente può essere facilmente controllata per diluizione, essendo il legame del farmaco reversibile, o con la somministrazione di Complesso Protrombinico Concentrato.
  • Nello studio registrativo ROCKETAF, condotto su pazienti a rischio intermedio e alto di ictus, il farmaco ha dimostrato un’elevata efficacia nella riduzione dell’incidenza di ictus e embolia sistemica (endpoint primario di efficacia) soddisfacendo pienamente i criteri di non inferiorità e raggiungendo la superiorità rispetto a warfarin. Rivaroxaban è inoltre risultato sovrapponibile rispetto a warfarin negli endpoint di sicurezza tranne che per gli eventi emorragici più temibili (i.e. emorragie in organi critici, intracranici e fatali) dove ha dimostrato una riduzione statisticamente significativa del rischio.
  • Caratteristiche distintive di questo farmaco includono la disponibilità di maggiori evidenze su una popolazione di pazienti maggiormente rappresentativa della popolazione reale per età e comorbosità, la monosomministrazione giornaliera a beneficio di una migliore compliance e un dosaggio dedicato ai pazienti con insufficienza renale moderata.

Rivaroxaban: valutazione economica

  • Nella prospettiva del SSN sono state condotte un’analisi di costo-efficacia e di budget impact in cui sono stati presi in considerazione i trattamenti realmente utilizzati nella pratica clinica italiana:
    • nell’analisi di costo-efficacia, oltre al confronto tra rivaroxaban e warfarin come da trial clinico pivotal (caso base), sono stati considerati i confronti con acido acetilsalicilico (ASA), con il mancato trattamento e con warfarin nei pazienti con difficoltà a mantenere l’INR nel range terapeutico;
    • nell’analisi di budget impact la popolazione considerata è stata quella a “maggior bisogno medico non soddisfatto”, ossia pazienti non trattati in modo appropriato (pazienti trattati con antiaggreganti o non trattati affatto) e pazienti in terapia con warfarin ma con INR instabile. L’analisi è stata condotta anche nella prospettiva del Servizio Sanitario Regionale (SSR).
  • L’analisi di costo-efficacia mostra che rivaroxaban è una terapia costo-efficace nel casobase con un rapporto incrementale di costo-efficacia (ICER) di circa € 7.300/ Anno di vita guadagnato pesato per la qualità (QALY), mentre risulta dominante in tutti gli altri scenari (rivaroxaban vs warfarin in pazienti con INR instabile, vs ASA e vs nessun trattamento).
  • L’analisi di impatto sul budget mostra che sin dal primo anno dall’introduzione di rivaroxaban si determina una riduzione dei costi totali a carico del SSN e del SSR nonché del numero di ictus: l’aumento della spesa farmaceutica è dunque compensato dal risparmio conseguente al trattamento di un numero inferiore di eventi e alla mancata necessità del monitoraggio dell’INR.
  • Appare dunque evidente come l’inserimento di tale farmaco all’interno del territorio nazionale sia auspicabile per la riduzione del burden economico e di malattia.

Rivaroxaban: valutazione etica

  • I dati di efficacia, tollerabilità e sicurezza di rivaroxaban supportano la formulazione di un giudizio etico positivo dell’impiego del farmaco nella prevenzione degli episodi tromboembolici nei pazienti con FA.