Valutazione di Health Technology Assessment di elbasvir - grazoprevir (Zepatier)

Anno: 2017 - Vol: 6 - Num. 6

Flavia Kheiraoui, Carlo Favaretti, Andrea Poscia, Marta Marino, Jovana Stojanovic, Drieda Zace, Fabrizio Fontana, Maria Luisa di Pietro, Brunella Posteraro, Matteo Ruggeri, Americo Cicchetti, Francesca Romana Rolli, Romano Federica

Elementi chiave per il processo decisionale

  • Il virus dell’epatite C (HCV) rappresenta un’importante sfida di sanità pubblica sia per la sua prevalenza globale, sia per le conseguenze in termini di morbosità e mortalità legate alla malattia. L’OMS identifica l’epatite C una endemia che coinvolge globalmente circa 80 milioni di persone con la malattia in forma cronica e una mortalità intorno alle 400 mila persone/anno. In Europa nel 2015 il tasso di notifica delle nuove diagnosi è stato pari a 8,6 casi per 100.000 abitanti più elevato tra i paesi dell’est e nord Europa.
  • In generale si deve tenere in considerazione che gli studi di prevalenza sono soggetti a problemi di comparabilità e, più in generale, al rischio di bias di selezione, rendendo difficoltoso stimare precisamente la prevalenza.
  • L’incidenza mostra in Italia un trend in diminuzione fino al 2009 con una successiva stabilizzazione a tassi compresi tra 0,2 e 0,3 per 100.000 abitanti, tuttavia l’Italia è il Paese europeo con il maggior numero di persone affette e di decessi per HCC. Secondo il report ECDC in Italia sarebbero oltre 3 milioni i soggetti con epatite allo stato cronico (prevalenza 5.2%), ma le stime variano a seconda delle fonti utilizzate e della metodologia considerata.
  • Recentemente l’Associazione pazienti EpaC ha prodotto un dossier in cui si stima che al 1° Gennaio 2016 i pazienti diagnosticati ed eleggibili a un trattamento antivirale HCV siano tra i 160.000 - 180.000 e una prevalenza di pazienti con diagnosi nota e relativa esenzione 016 pari allo 0.364% (minima in Sicilia - 0.107% - e massima in Lombardia - 0.546%). Secondo i dati della piattaforma italiana per lo studio di terapie epatite virale (PITER), creata nel 2012, a livello nazionale si riporta una maggiore prevalenza del genotipo 1 (58%, così distribuito: genotipo 1=3%; genotipo 1a=11%; genotipo 1b = 44%), seguito dal genotipo 2 (15%), 3 (10%) e 4 (6%). Inoltre, tra i pazienti per cui era disponibile il fibroscan, il 41% presentava uno stadio di fibrosi F0-F1, il 15% uno stadio F2, il 12% uno stadio F3 e il 32% uno stadio F4/Cirrosi.
  • Sono state individuate lo scorso anno dall’Organizzazione Mondiale della Sanità strategie mirate all’eliminazione della malattia per il 2030 e delle priorità di azione. L’obiettivo espresso è garantire una copertura sanitaria universale e una continuità dei servizi attraverso un approccio di sanità pubblica. Il documento sottolinea come tale patologia non sia stata considerata una priorità fino agli ultimi tempi, identificando cinque direzioni strategiche: informazione per un’azione focalizzata, interventi di impatto, erogazione di servizi per il perseguimento dell’equità, finanziamento sostenibile, identificare i principali data gap per orientare e accelerare l’ innovazione.
  • In particolar modo sono state evidenziate le misure di prevenzione per la trasmissione delle epatiti, l’equo accesso ai percorsi di diagnosi e cura, nonché la continuità del percorso stesso; la netta riduzione quindi dell’incidenza di tali patologie e della mortalità ad esse legata, fino all’obiettivo ideale di eliminazione delle epatiti virali come minaccia di salute pubblica entro il 2030.
  • Recentemente sono stati introdotti farmaci con elevati profili di efficacia e sicurezza ad azione antivirale diretta in grado di eliminare il virus dell’epatite C, che costituiscono una svolta epocale nella terapia dell’HCV. Questi regimi sono capaci di aumentare i tassi di risposta virologica sostenuta (SVR) (superiori al 95%) e di ridurre significativamente la durata del trattamento. Negli studi clinici i DAAs hanno dimostrato di essere in grado di eradicare il virus HCV in oltre il 95% degli individui, impedendo nei pazienti meno gravi (F0-F2) lo svilupparsi di cirrosi e carcinoma epatocellulare.
  • Al fine di favorire l’accesso alle nuove terapie, garantendo la sostenibilità del SSN, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha inizialmente individuato una strategia di accesso modulata sulla base dell’urgenza clinica al trattamento, identificando 7 categorie di pazienti. Recentemente, tali criteri sono stati ridefiniti e ampliati stabilendo inoltre l’inserimento nei Registri anche dei pazienti che debbano essere ritrattati con un’associazione di almeno 2 DAAs, in seguito al fallimento di regimi dal trattamento senza interferone. I nuovi criteri di trattamento con i nuovi DAAs individuano 11 categorie di pazienti, consentendo l’estensione del trattamento a tutti i soggetti con HCV:
    • Pazienti con cirrosi in classe di Child A o B e/o con HCC con risposta completa a terapie resettive chirurgiche o loco-regionali non candidabili a trapianto epatico nei quali la malattia epatica sia determinante per la prognosi;
    • Epatite ricorrente HCV-RNA positiva del fegato trapiantato in paziente stabile clinicamente e con livelli ottimali di immunosoppressione;
    • Epatite cronica con gravi manifestazioni extra-epatiche HCV-correlate (sindrome crioglobulinemica con danno d’organo, sindromi linfoproliferative a cellule B, insufficienza renale);
    • Epatite cronica con fibrosi METAVIR F3 (o corrispondente Ishak)
    • In lista per trapianto di fegato con cirrosi MELD <25 e/o con HCC all’interno dei criteri di Milano con la possibilità di una attesa in lista di almeno 2 mesi;
    • Epatite cronica dopo trapianto di organo solido (non fegato) o di midollo in paziente stabile clinicamente e con livelli ottimali di immunosoppressione
    • Epatite cronica con fibrosi METAVIR F2 (o corrispondente Ishak) e/o comorbilità a rischio di progressione del danno epatico [coinfezione HBV, coinfezione HIV, malattie croniche di fegato non virali, diabete mellito in trattamento farmacologico, obesità (body mass index ≥30 kg/m2), emoglobinopatie e coagulopatie congenite].
    • Epatite cronica con fibrosi METAVIR F0-F1 (o corrispondente Ishak) e/o comorbilità a rischio di progressione del danno epatico [coinfezione HBV, coinfezione HIV, malattie croniche di fegato non virali, diabete mellito in trattamento farmacologico, obesità (body mass index ≥30 kg/m2), emoglobinopatie e coagulopatie congenite].
    • Operatori sanitari infetti.
    • Epatite cronica o cirrosi epatica in paziente con insufficienza renale cronica in trattamento emodialitico.
    • Epatite cronica nel paziente in lista d’attesa per trapianto di organo solido (non fegato) o di midollo.
    • Sono stati inoltre istituiti dei Registri di monitoraggio che forniscono dati riguardo il trend cumulativo dei trattamenti avviati, i trattamenti avviati per criterio e la frequenza dei trattamenti per Regione per criterio.
  • Da un punto di vista organizzativo appare necessario un approccio integrato basato su un piano strutturato di screening/diagnosi precoce e di trattamento del paziente con stadi di fibrosi meno avanzati, ai fini del raggiungimento del target auspicato di eliminazione del virus nonché dell’equità di accesso alle cure. L’indirizzo della politiche sanitarie internazionali è infatti focalizzato sulla prevenzione e protezione della popolazione sana, come indica l’OMS stesso. Appare evidente quale sia l’importanza della diagnosi precoce dell’infezione, vista l’introduzione dei nuovi DAAs ed i risultati di efficacia degli stessi, nonché l’approccio al paziente condiviso tra MMG e Specialista, che consenta di individuare tempestivamente i casi asintomatici, con l’obiettivo di anticipare quanto più possibile il trattamento.
  • La combinazione di elbasvir (50 mg) e grazoprevir (100 mg) indicata per il trattamento dell’epatite C cronica nei pazienti adulti con genotipo 1 e 4, rappresenta uno dei regimi a dosaggio fisso in grado di garantire tra i più elevati tassi di SVR dopo 12 settimane di trattamento. Elbasvir/Grazoprevir si somministra per via orale una volta al giorno. Ogni compressa contiene 50 mg di Elbasvir + 100 mg di Grazoprevir. Elbasvir è un inibitore di NS5A e impedisce sia la replicazione di HCVRNA sia l’assemblaggio del virione. Grazoprevir è un inibitore della proteasi di HCV NS3/4A e impedisce la scissione della poliproteina necessaria per la replicazione. Viene somministrato con o senza Ribavirina per 12 o 16 settimane, a seconda del genotipo di HCV, del valore di HCV RNA al baseline e della presenza o meno di polimorfismi di resistenza. La combinazione è, al momento, approvata per una somministrazione di 12 settimane in:
    • pazienti adulti, anche sottoposti a precedente terapia basata su interferone con o senza cirrosi e infetti da HCV di genotipo 1 (1 a e 1b) o 4;
    • pazienti adulti con compresenza di compromissione renale lieve, moderata o severa (inclusi i pazienti sottoposti a emodialisi o dialisi peritoneale) e malattia renale allo stadio terminale (end stage renal disease, ESRD);
    • pazienti con compromissione epatica lieve (Child-Pugh A).
  • E’ stata realizzata una analisi di costo-efficacia confrontando le combinazione elbasvir/grazoprevir o sofosbuvir+interferone pegilato + ribavirina e una analisi di impatto sul budget secondo la prospettiva del SSN e con un orizzonte temporale di 3 anni, analizzando due scenari: il primo con l’introduzione di Zepatier, mentre il secondo con principali comparatori. Ipotizzando una strategia di trattamento di tutti i soggetti, a prescindere dal livello di fibrosi, somministrando elbasvir e grazopreviril costo sarebbe di € 21.104.253,74 con un guadagno di 19.287,90 QALY. Somministrando invece sofosbuvir + interferone pegilato/ribavirina il costo sarebbe pari a € 31.904.410,11 con 18.855,96 QALY. Come risultato, i costi incrementali ammonterebbero a - € 10.800.156,37, mentre i QALY incrementali a 431,94 con un ICER dominante. Il Net Monetary Benefit (NMB) della combinazione elbasvir e grazoprevir rispetto a sofosbuvir + interferone pegilato/ribavirina sarebbe dunque di € 23.758.264,99. L’analisi condotta evidenzia come l’impiego di Zepatier, oltre ad essere dominante, risulta anche sostenibile per il Sistema. Difatti gli elevati costi associati all’HCV potrebbero essere ridotti mediante un’efficace strategia di eliminazione dell’HCV in Italia attraverso il trattamento dei soggetti meno gravi (F0-F2), in accordo al recente ampliamento dei criteri di trattamento resi pubblici dall’AIFA.
  • I dati riportati nel Report mettono in evidenza che il profilo di efficacia, sicurezza e tollerabilità di elbasvir+grazoprevir depongono a favore della sua offerta ad ogni paziente con infezione cronica da HCV, che risponda ai criteri di inclusione utilizzati nei trial già effettuati.
  • Poiché si tratta di un farmaco altamente innovativo, in grado di intervenire anche sulle fasi più precoci della patologia, se non addirittura in fase asintomatica e precedente alle alterazioni istologiche del fegato, andrebbe somministrato anche a questi pazienti per i quali va potenziata la diagnosi e il monitoraggio dopo l’avvenuta infezione da HCV.
  • Dai dati raccolti nel Report, l’introduzione dell’associazione elbasvir/grazoprevir nell’attuale panorama terapeutico, potrebbe rappresentare oggi un valido strumento di sanità pubblica a supporto della politica di eradicazione del virus dell’HCV, configurandosi una soluzione terapeutica valida sia sotto il profilo dell’efficacia che sotto il profilo farmaco-economico